domenica 31 agosto 2008

Le Iene


Nel Gennaio del 1992 un piccolo film indipendente colpì il Sundance Film Festival di Robert Redford. Si chiamava Reservoir Dogs. Il regista era il commesso di una videoteca alla prima esperienza cinematografica, Quentin Tarantino. Il film fu snobbato dal pubblico e amato dalla critica, per essere poi riscoperto dopo che la seconda opera del regista vinse la Palma d'Oro.
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Non è difficile comprendere le ragioni per cui questo piccolo gioiello indipendente non ebbe il successo che meritava. Prima di tutto per la violenza, definita gratuita anche da molti critici ma strettamente necessaria al film: cruda e improvvisa, lontana dallo stile più caricaturale e fumettistico che Tarantino adottò in futuro. Secondo poi per la quasi totale mancanza dal sincretismo pop degli altri lavori del regista: Le Iene non è altro che la storia di una rapina finita male (la più grande influenza resta indubbiamente Rapina a mano armata di Kubrick), e rimane sicuramente il film di Tarantino più asciutto e scarno. Infine, avrà sicuramente influito la scarsità di attori famosi, se si esclude Harvey Keitel (che decise di produrre e interpretare il film dopo essersi innamorato della sceneggiatura). Volti che diverranno notissimi, tra cui  il più grande caratterista della nostra epoca, Steve Buscemi, nei panni del “coniglio” Mr. Pink, Michael Madsen in quelli del maniaco Mr. Blonde, a tutt'oggi il ruolo per cui viene ricordato, e il grande Tim Roth come Mr. Orange, protagonista di alcune delle scene migliori. Nel ruolo degli ideatori della rapina, due grandi caratteristi: Lawrence Tierney, attore idolatrato da Tarantino, interpreta il severo Joe Cabot, mentre nei panni di suo figlio Eddie troviamo un ottimo Chris Penn. Punto di forza del film è proprio il cast, ottimo nel rendere l'angoscia dei personaggi palpabile e asfissiante: nessuno di essi potrebbe essere quello che sembra, e infatti nel gruppo c'è un infiltrato. L'ansia cresce fino al finale, improvviso e durissimo. 
La qualità tecnica ed espressiva della regia è incredibile per l'esordio di un giovane regista che non aveva mai studiato cinema: memorabile la sequenza della tortura al poliziotto, in cui la macchina da presa segue Blonde nel suo percorso, una scena di grande violenza in cui però viene mostrato pochissimo. La sceneggiatura si mostra ottima nel descrivere i personaggi e nella scrittura dei dialoghi, ma un po' acerba nella gestione dell'intreccio. Mancanza che Tarantino si fece subito perdonare con i film successivi...
Fin dal suo esordio, il nostro Quentin divise drasticamente i pareri sia della critica che del pubblico. Che lo si ami o lo si odi, resta uno degli autori più rappresentativi dell'era postmoderna, e il massimo simbolo del cinema americano dagli anni '90 a oggi.